Necessario ripensamento digitale terrestre in vista del passaggio a DVB-T2 e 5G
È necessario «un ripensamento del sistema televisivo terrestre che ha bisogno di ricollocarsi facendo leva sulle sue peculiarità, ma senza per questo perdere la sua dimensione commerciale e competitiva». Lo rileva il commissario dell'Agcom Antonio Martusciello per il quale «a meno di non voler confinare la piattaforma al ruolo di strumento meramente sociale, occorre conservarne l'attuale 'appetibilità' per i fornitori di contenuti, obiettivo possibile solo garantendo un percorso di crescita nelle modalità di fruizione e nella qualità delle immagini».
Intervenendo al convegno Agcom sul futuro del digitale, Martusciello osserva che «se per il primo requisito sarà importante sviluppare la sinergia con le altre piattaforme, anche per mezzo delle TV ibride, per garantire il secondo occorrerà indirizzare il settore verso un modello sostenibile, in cui le caratteristiche delle reti, il loro numero e quello degli attori in campo consenta di efficientare lo sfruttamento delle risorse spettrali disponibili».
«Non è facile trovare la 'quadra' nella nuova realtà multicanale e multipiattaforma, ma non è altrettanto possibile immaginare un sostanziale mantenimento dello status quo di fatto degli operatori del settore che restino ancorati ai successi passati conseguiti dalla piattaforma» ha aggiunto. «Nel favorire la transizione verso la tecnologia 5G, l'obiettivo è conseguire un uso più efficiente dello spettro radioelettrico. Questa rappresenta una sfida importante, in primo luogo, per chi definisce la disciplina pubblica delle risorse in oggetto, ma anche per i fornitori di contenuti, che devono sviluppare di conseguenza sistemi di gestione più efficienti delle risorse di cui dispongono». Lo ha detto il presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani.
«L'incremento di efficienza nelle modalità di gestione delle risorse frequenziali non è fine a se stesso - ha detto ancora -: è infatti funzionale all'ampliamento dell'offerta di contenuti e all'incremento del relativo livello tecnico. Ciò, come è noto, non può che avere effetti positivi in termini di concorrenzialità dei mercati interessati e ha come ulteriore risvolto un più elevato livello di soddisfazione della domanda. Il riassetto del sistema televisivo non è privo di problematiche, la cui soluzione non può che passare attraverso la più ampia collaborazione di tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati. Come voi ben saprete, le principali problematiche sono state individuate dall'Autorità in una segnalazione inviata al governo il 17 luglio scorso». Cardani ha sottolineato che serve «una più meditata riflessione sul criterio di riparto delle risorse frequenziali tra operatori nazionali e locali, ricordando come da tempo l'Autorità ritiene non più attuale il vincolo normativo della riserva di 1/3 delle frequenze per l'emittenza locale. Abbiamo altresì sollevato alcune perplessità in ordine ai criteri di conversione dei diritti d'uso delle frequenze degli operatori di rete nazionali in diritti d'uso di capacità trasmissiva in tecnologia DVB-T2». «In particolare - ha proseguito -, abbiamo rilevato l'assenza, nell'ordinamento nazionale e comunitario, di riferimenti normativi cui riconnettere la definizione di »diritto d'uso di capacità trasmissiva«, rilevando che è demandato alla sola Autorità, ancora una volta in assenza di più precisi riferimenti normativi, il compito di individuare il fattore di conversione tra diritto d'uso della frequenza e diritto d'uso di capacità trasmissiva».
«La tv generalista è ancora il mezzo più forte checché se ne dica: la prova è che anche Google e Amazon fanno pubblicità sulla tv generalista». A sottolinearlo è il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Per Confalonieri il problema continua ad essere quello del 'level playing field' tra le tv e gli ott (over the top), ovvero i giganti del web. «Noi e anche Rai facciamo i bilanci e poi paghiamo le tasse; qui c'è gente che non paga un accidente» e non ti fa «neanche sapere» quanto guadagna senza contare che «per Google lavorano in 200 e nel nostro settore circa 26mila». «Noi abbiamo tremila regole, se si vede un capezzolo si scatena il mondo; là c'è la pedofilia, un utente su quattro cerca cose di sesso e nessuno dice niente: servono regole uguali per tutti», insiste Confalonieri
Il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri si appella all'Agcom contro quello che definisce il 'dumping' della Rai in materia di pubblicità televisiva. «Non si può vendere la propria merce, buttarla alla disperata facendo sconti del 90-95% avendo anche la riserva del canone in bolletta». «Noi abbiamo la merce contingentata, non si può buttarla via» anche perché «per abbassare un prezzo ci vogliono cinque minuti ma recuperarlo è una fatica di Sisifo» osserva il presidente di Mediaset che infine si rivolge all' 'arbitro' Agcom: «Intervenite, magari facendovi aiutare dalla Var...». «La tv generalista è ancora la più forte, lo dimostra il fatto che Google e Amazon vengono sulla tv generalista a fare pubblicità. Il problema è che mentre nella tv generalista tutti pagano le tasse, lì c'è gente che gente che non paga un accidente». «Noi abbiamo tremila regole, basta che si veda un capezzolo e succede il caos, lì c'è la pedofilia e nessuno dice niente. Servono regole uguali per tutti», ha aggiunto.«La parola disintermediazione, che significa anche che possiamo fare a meno dei giornalisti, della responsabilità, mi spaventa: lo dico proprio come cittadino, qui non c'entra Mediaset». In tema di giornalisti, Confalonieri , ha detto di aver lavorato con «professionisti seri, poi c'è quello serio, quello farlocco, quello con la schiena diritta.. Io ho avuto la fortuna - ha spiegato - di lavorare con un principe del giornalismo, Gianni Letta, che aveva a che fare non solo con la gente che parla parla, ma con gente che sparava. E poi ho lavorato con Montanelli: basta la parola», ha concluso.
Le accuse di dumping alla Rai «non sono vere, la Rai non fa nessun dumping». Così Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai, ha risposto alle accuse del presidente di Mediaset. «Noi abbiamo i nostri tetti di pubblicità, in alcuni nostri canali non ospitiamo pubblicità, non facciamo nessuna pratica di dumping»
«Oggi, con la decisione europea 2017/899 e la banda attualmente in uso per le trasmissioni digitali che dovrà essere assegnata agli operatori delle Telecomunicazioni, principalmente per la diffusione del 5G, siamo davanti ad un passaggio epocale. Io spero che il costo di questo passaggio tecnologico non finisca per ricadere prevalentemente sulle famiglie, in una già non semplice fase economica. Credo quindi che ci sarà bisogno di un intervento forte del Governo per consentire lo svecchiamento dei mezzi a disposizione degli italiani, con incentivi che non possono certamente riferirsi a cifre appena simboliche».
Lo ha detto oggi il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati che ha ricordato che «il passaggio dal sistema analogico a quello digitale ha generato certamente un innalzamento della qualità, maggiori contenuti prodotti e, di conseguenza, un significativo aumento del pluralismo». Poi ha precisato che, con la prossima trasformazione, «la sensazione è che ancora una volta ci si debba confrontare con una decisione europea che, almeno nelle sue più immediate conseguenze, non tiene in adeguata considerazione la realtà del nostro paese».
La «vera sfida per Rai» in questa fase di transizione verso lo standard DVB-T2 sarà quella di «coniugare servizio universale e innovazione». Lo ha detto l'ad Rai, Fabrizio Salini, intervenendo al convegno promosso da Agcom sul digitale terrestre. «Dovremo diversificare la nostra offerta - ha aggiunto Salini - per seguire le nuove modalità di fruizione e gli stili di consumo e, allo stesso tempo, difendere la nostra leadership tecnologica, che rappresenta uno strumento di modernizzazione per l'intero comparto audiovisivo italiano. Investimenti in produzioni come 'I Medici' e in servizi come Rai Play, si muovono ad esempio in questa direzione». «Dovremo inoltre - ha proseguito Salini - essere in grado di cogliere le opportunità legate allo sviluppo della tecnologia 5G, costruire reti di servizi innovativi e proiettare la comunicazione verso la realtà aumentata e la realtà virtuale ad esempio in settori come l'Educational o lo Sport. La Rai dovrà quindi dotarsi di una strategia multipiattaforma basata su un posizionamento 'dinamico, ovvero ricercare l'innovazione su tutte le piattaforme, esprimere la propria dimensione di servizio pubblico sia nell'offerta lineare che on demand, mirando al contempo all'universalità e alla personalizzazione del servizio. Non possiamo lasciare indietro nessuno».
Salini ha sottolineato come «con l'avvento del nuovo sistema tutta l'offerta della Rai dovrà essere trasmettibile in HD (ed eventualmente in Ultra HD), senza limitazioni di sorta». E, «in questa prospettiva - ha aggiunto - appare indispensabile che, al più presto, venga indicato per legge uno switch-off tecnologico, che spinga il mercato ad adottare obbligatoriamente, nel 2022, in tutte le case, esclusivamente lo standard DVB-T2/HEVC». «Occorre, in pratica, rendere più fluidi i processi di transizione tecnologica senza tuttavia rischiare di far perdere valore al mercato e agli operatori (che con una capacità trasmissiva non adeguata non potranno valorizzare al massimo la multicanalità e servizi come l'HD) e, cosa ancora più importante, creare eventuali disagi ai cittadini». «Solo a queste condizioni la Rai potrà continuare a proporre tutta la propria offerta di programmi e servizi con una qualità adeguata e seguire a fronteggiare la concorrenza degli operatori privati (anche quella degli OTT)».
Salini ha anche spiegato che attualmente «la platea televisiva di riferimento è ancora principalmente quella della piattaforma terrestre, che è però fondata su ricavi che provengono quasi esclusivamente dalla pubblicità e dal canone». «Il problema delle risorse - ha aggiunto - è molto legato allo sviluppo delle piattaforme ed è un aspetto non banale se consideriamo che in Europa i ricavi da abbonamenti già valgono già quasi la metà dei ricavi globali del sistema, raggiungendo in pratica i ricavi da pubblicità e canone messi assieme». «Nel prossimo futuro - ha proseguito l'ad di Viale Mazzini - un progressivo ridimensionamento delle risorse che derivano dalla pubblicità e dal canone potrebbero, quindi, creare maggiore competizione tra piattaforme, alzare il costo di alcuni diritti pregiati e impoverire l'offerta dei contenuti della piattaforma terrestre. Per la Rai, come per tutte le TV pubbliche europee, ci saranno sicuramente ricadute sugli investimenti in tecnologie e contenuti. Occorrerà, di conseguenza, individuare per tempo una nuova cornice strategica e operativa in cui collocare i valori e gli obiettivi di servizio pubblico». «Nel nuovo Piano Industriale ed Editoriale che la Rai si appresta a definire, questi aspetti saranno tenuti in grande considerazione», ha concluso.
«Le televisioni si portano dietro un sistema di regole anacronistiche, pensato all'epoca del sistema analogico, che non è stato più adeguato né adottato dalle piattaforme online, quindi occorre ridurre l'asimmetria che è venuta a crearsi tra la tv e il mondo dell'online». Lo ha detto l'amministratore delegato de La7, Marco Ghigliani, intervenendo al convegno Agcom al Senato. «Noi delle televisioni siamo soggetti a controlli e sanzioni, mentre l'online no, però poi competiamo con quel mondo, sullo stesso mercato», ha aggiunto il manager citando quattro capitoli a titolo di esempio: «quello della comunicazione commerciale, ovvero la regola dell'affollamento pubblicitario; la par condicio, dove le tv hanno regole stringenti rispetto al mondo dell'online; gli obblighi di investimento e programmazione, ossia il cosiddetto decreto Franceschini e le regole sulla tutela dei minori».
Fonte: Digital News